Issue 9
A. Risitano et alii, Frattura ed Integrità Strutturale, 9 (2009) 113 - 124; DOI: 10.3221/IGF-ESIS.09.12 116 limite, conduce al cedimento del materiale che si può ottenere in infiniti modi diversi (storie di carico diverse), vedi figura 2. Come prima detto, la “Energia limite” è proporzionale alla quantità di calore ceduto all’esterno e quindi correlabile con la temperatura della superficie del provino. Tali ipotesi sono stati verificati sperimentalmente da Risitano e dal suo gruppo di ricerc a[4,42] e sulla base delle stesse il metodo Risitano permette di determinare l’intera curva di fatica (la classica curva di Wohler) in tempi estremamente brevi. In particolare, in coerenza con quanto prima detto, è stato verificato sperimentalmente, che nel caso di prove di fatica, operando nelle stesse condizioni di prova (stessa frequenza, stesso rapporto di carico), il parametro energetico Φ , integrale nel tempo della variazione di temperatura ΔT rilevata nel punto (areola) più caldo (preso come riferimento) della superficie del provino per valori diversi di sollecitazione, risulta anch’esso costante (Fig. 2) e proporzionale al calore dissipato Q e quindi alla energia limite E l [4,42]. Essendo E l una costante caratteristica del materiale [10, 26], è possibile risalire alla classica curva “Tensione vs Numero di cicli” ( -N ) dalla conoscenza del terzo parametro ΔT (incremento di temperatura in un punto della superficie del provino durante la prova di fatica). c = i x fi =cost Figura 2 : Parametro energetico Φ costante come E l per storie di carico ( σ i ) diverse. E’ noto poi che la rottura per fatica inizia nel punto in cui si raggiungono tensioni locali tali da produrre deformazioni (locali) plastiche. Se nel materiale esistono difetti strutturali o se sulle superfici esterne si hanno dei micro-difetti di lavorazione, in tali punti, si possono avere intensificazioni delle sollecitazioni rispetto a quelle medie definite dal rapporto fra il carico applicato e l’area della sezione del provino. Si raggiungono, quindi, condizioni di cedimento locale che costituiscono l’innesco del fenomeno della rottura per fatica. Tali situazioni, ovviamente, non comportano alcun cambiamento visibile ed apprezzabile dal punto di vista statico non incidendo praticamente sulla sezione resistente del provino (la classica tensione media rimane la stessa). Si potrebbe definire, pertanto, limite di fatica del materiale quel valore di tensione (rilevabile in modo macroscopico) che produce nel materiale (sulla superficie o all’interno) condizioni di plasticizzazione locale (puntuale) non rilevabili con le classiche strumentazioni o sulla base dei parametri tradizionali ma osservabile dal rilievo della situazione termica del provino (del componente) su cui si sta operando. Da tutto quanto detto prima si deduce che per lo studio della rottura a fatica dei materiali bisognerebbe, più verosimilmente, fare riferimento ad una “Energia limite” ( E l ) intesa come quella energia caratterizzante la resistenza del provino, costante per ciascun materiale (provino). Il raggiungimento di tale valore limite può essere attuato in infiniti modi (carichi elevati-tempi bassi, carichi bassi-tempi elevati) ovvero con diverse storie di carico (Fig. 2) . L A TEMPERATURA NEL CASO DI PROVE STATICA DI TRAZIONE acendo riferimento al comportamento sotto carico (ad esempio di trazione) di un provino metallico, possiamo dividere il campo delle tensioni della classica prova statica ( σ , ε ) in differenti zone [7] (Fig.3). - Zona I, la tensione media è così bassa che tutti i cristalli risultano stressati entro il loro campo elastico . - Zona II, la tensione media è tale che nella maggior parte dei cristalli la deformazione è di tipo elastico, tuttavia in alcuni cristalli si presentano deformazioni plastiche accoppiate a quelle elastiche in modo che allo scarico il provino riprende ancora la forma iniziale. Considerato in modo macroscopico il provino si comporta ancora come perfettamente elastico. F
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