Issue 22
D. Firrao et alii, Frattura ed Integrità Strutturale, 22 (2012) 12-19 ; DOI: 10.3221/IGF-ESIS.22.02 15 La differenza con la morfologia della frattura riportata in Fig.2 è evidente. Nel primo caso, a causa della temperatura più alta di quella ambiente, la matrice ha sufficiente duttilità per presentare una decoesione con le zone di silicio dure, mentre nel secondo caso la duttilità è insufficiente. Non vi è quindi decoesione matrice metallica/cristalli di silicio, ma solo strizione locale durante la deformazione plastica finale dei legamenti metallici della matrice rimasti fra le cavità generate dalla rottura delle inclusioni di silicio. È evidente che le microstrutture locali che si possono incontrare durante la propagazione delle rotture per fatica in un componente metallico influenzano pesantemente la morfologia della superficie di frattura, anche in condizioni di duttilità locale, rendendone talvolta molto difficile l’attribuzione esatta del macromeccanismo che la ha causata. F RATTURE DI FATICA NELLA PERLITE articolarmente interessante è l’analisi che si può condurre osservando il comportamento della perlite sotto sollecitazioni cicliche. Se si considera la Fig. 5, nella quale è riportato il diagramma relativo alla crescita per fatica di una cricca nella perlite, si può verificare che i valori di ΔK per i quali è valida la legge di Paris sono compresi fra 20 e 70 MPa√m (ΔK th ≈ 10 MPa√m). A questi valori di ΔK, con R = 0,1 corrispondono valori di K max compresi fra 22 e 78 MPa√m. L’estensione della zona plastificata davanti all’apice della cricca, corrispondente a tali valori di K max , varia fra 2,5·10 -5 m e 3,8·10 -3 m (a seconda che si adottino le formule valide per la sola ferrite in condizioni di tensione piana o per la perlite in condizione di deformazione piana); anche la zona plastica ciclica è più grande dello spessore delle lamelle di ferrite: 10 -6 - 10 -7 m, a seconda della loro temperatura media di formazione. Ne deriva che, quando la cricca di fatica si avvicina ad una colonia perlitica, Fig. 6, la zona plastificata al suo apice in corrispondenza del K max applicato è sicuramente superiore allo spessore di una lamella di ferrite e si estende a molte lamelle di ferrite e cementite, provocando la rottura di queste ultime, che hanno una duttilità molto limitata (Fig. 7a,b). [5] y = 1E-12x 3,3 R 2 = 0,99 10 -9 10 -8 10 -7 10 -6 10 -5 10 -4 10 ∆ K [ MPa√m] da/dN [m/ciclo] 20 80 60 40 5 10 -10 ∆ K th = 8,4 MPa√m Figura 5 : Determinazione sperimentale di curve di propagazione di cricca per una struttura perlitica ( a) e del relativo valore di Δ K di soglia, Δ K th ( b) ( R= 0,1) [5]. Figure 5 : Fatigue propagation rate tests for a pearlitic structure ( a) and threshold Δ K th determination ( b) ( R= 0,1). [5] Rimane quindi a resistere davanti alla cricca di fatica in propagazione un pettine di lamelle di ferrite, che la cricca supererà una alla volta. Qualsiasi sia l’angolo con il quale la cricca in propagazione si presenta davanti alla colonia perlitica, lo spessore della lamella di ferrite che si presenta davanti all’apice della cricca per valori bassi di ΔK applicato è superiore all’incremento di lunghezza per ciclo (≈10 -8 m). La cricca impiega quindi alcuni cicli per superare la lamella di ferrite che si trova ora in stato di tensione piana (Fig.7c); dopo aver saltato il vuoto corrispondente alla lamella di cementite seguente, già rotta, la cricca si ritrova ad affrontare la rottura della prossima lamella di ferrite. Solo negli stadi con ΔK applicato maggiore di circa 40 MPa√m, il valore di da/dN raggiunge e supera il valore dello P
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