Issue 2

M. Guagliano, Frattura ed Integrità Strutturale, 2 (2007) 25-35 34 Se si focalizza l’attenzione sui valori di K max è possibile trovare una conferma delle analisi eseguite confrontando i risultati riportati i n [21], relativi a calcoli a elementi fi- niti elastiche lineari di un albero a gomiti criccato del tut- to analogo a quello qui considerato. L’unico punto in cui si nota una marcata differenza è D, il più profondo, dove la zona plastica è più pronunciata e giustifica le differen- ze trovate (i calcoli FEM sono elastici lineari). Punto a (mm) α r pm (mm) K max (MPam 1/2 ) K max ([22] (MPam 1/2 ) A 3.5 0.157 0.3 32.0 30.9 B 9 0.157 0.5 43,4 34.1 C 18 0.157 0.75 50.7 46.3 D 28 0.157 1.1 61.3 67.6 Tabella 2. Risultati delle misure condotte sull’albero a gomiti e confronto con risultati d i [21]. 4 CONCLUSIONI Si è analizzato un albero a gomiti rotto per fatica flessio- nale per mezzo della diffrattometria dei raggi X. Ciò ha richiesto la preliminare esecuzione di prove mec- caniche e di misure diffrattometriche su provini standard. I risultati sono stati discussi criticamente alla luce dei ri- ferimenti bibliografici e si possono tracciare le seguenti conclusioni: - le prove e le misure XRD condotte sui provini standard hanno mostrato un buon accordo con gli andamenti attesi secondo quanto presente in letteratura. In particolare, gli sforzi residui e il FWHM hanno consentito di determina- re il valore di α; - l’andamento di FWHM in profondità è, per i provini DCT, generalmente decrescente-crescente-decrescente e dipende sia sa R che da Δ K; - le analisi XRD condotte sulla superficie di frattura di un albero a gomiti hanno permesso di determinare il valore del valore del fattore di intensificazione degli sforzi per differenti profondità di propagazione. Il confronto con dati di bibliografia ha convalidato i risultati trovati; - i risultati delle misure XRD condotte sull’albero a go- miti mostrano sostanziali differenze rispetto ai provini DCT: in particolare, si sono misurati sforzi residui di compressione sulla superficie di frattura, per le cricche meno profonde. Il risultato è stato imputato all’effetto di chiusura della cricca, alla rugosità delle superfici di frat- tura ed al rapporto di ciclo R=-1, che induce contatto tra le facce della cricca, causando la modifica degli sforzi re- sidui residenti ed impedendo la determinazione del raggio di plasticità ciclica. - Il favorevole confronto con risultati a elementi finiti in- coraggia l’applicazione della procedura come comple- mentare alle osservazioni al microscopio elettronico, op- pure come sostituto a queste ultime, nel caso in cui le superfici di frattura siano rovinate e le osservazioni al SEM risultino, quindi, impedite. 5 BIBLIOGRAFIA [1] C. Noyan, J.B. 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