Issue 12
A. Risitano et alii, Frattura ed Integrità Strutturale, 12 (2010) 88-99; DOI: 10.3221/IGF-ESIS.12.09 90 delle acquisizioni. L’andamento della temperatura, evidenziato da Kaleta e Harig [5] e confermato da Curti et Al. [6,7], La Rosa e Risitano [8] e ultimamente adottato da M. Amiri e M.M. Khnsari [9] , ha permesso di proporre metodi brevi per la determinazione del limite di fatica. L’osservazione sulla derivata nel tempo della temperatura già adottata da Curti et Al. [7] è stata ripresa ed adottata da M. Amiri e M.M. Khnsari in [9] . In tale lavoro e nel corrispondente brevetto, viene proposto anche un ulteriore metodo per la determinazione rapida del limite di fatica. La costanza del parametro Φ=∫ Ni Tdn i è stata sperimentalmente sempre rilevata nella lunga attività di prove con acciai di diverso tipo e qualità da Risitano e dalla sua scuola [10] . Ciò conferma l’ipotesi di Feltner e Morrow sulla Energia limite a rottura come caratterizzante il materiale e di Taylor e Quinney [1] sulla costanza per gli acciai del fattore β. Un’osservazione importante derivante dalla ormai vasta letteratura sull’argomento è che in prove di fatica monoassiali sia la pendenza della curva temperatura con numero di cicli che la temperatura di stabilizzazione sono funzione della sollecitazione applicata al provino (Fig. 3) . Figura 2 : Incremento qualitative di temperatura and parametro energetico = per tensioni sopra al limite di fatica Figura 3 : Incremento qualitativo delle temperature T per tensioni sopra al limite di fatica 0 1 2 3 . Come precedentemente detto, le diverse metodologie proposte per la ricerca del limite di fatica utilizzando il “terzo” parametro temperatura si basano sul fatto che l’incremento di temperatura è legato alla presenza di deformazioni plastiche permanenti che, con l’avanzare del numero di cicli, portano a rottura. Il limite di fatica per un materiale integro coincide con quel valore di sollecitazione limite che è capace di produrre anche fenomeni locali di plasticizzazione (Mason) per via dei quali, con il progredire del numero di cicli, si raggiungono i valori dell’Energia limite caratterizzante il provino. Se il materiale è danneggiato per una storia di carico precedente, il limite di fatica, inteso come quella tensione capace di produrre deformazioni plastiche locali che con il numero di cicli conducono alla rottura finale, risulta di valore più basso. In questo caso il fenomeno di deformazione plastica del provino è in parte iniziato e bastano valori di tensione minori per portare a rottura il provino, ovvero il limite di fatica risulta più basso. Dal punto di vista dell’energia in gioco e quindi della temperatura superficiale, essendo il materiale in una nuova zona di transizione (Mason), gli incrementi di temperatura superficiali sono limitati e difficili ancora da cogliere come incrementi significativi. Se però si applicano carichi elevati fuori dalla normale fascia di dispersione tipica delle prove di fatica, l’energia consumata per ciclo aumenta (modello di Feltener e Morrow, deformazioni unitarie plastiche maggiori) ed il valore di temperatura che si può leggere sul provino è superiore a 0 Nf TdN
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